La vita, a volte, prende strade inconsuete e inaspettate. Quella di Giuseppe Mafrica è davvero bizzarra. Giovane ma esperto catramista subisce improvvisamente un gravissimo incidente sul lavoro. Tre mesi di coma, poi il lento risveglio, mesi e mesi di faticoso recupero. Fra le innumerevoli terapie riabilitative c’è anche un corso di Pittura e, a parte l’utilità pratica del coordinamento visivo, motorio e psicologico di questa disciplina, da un approccio giocoso nasce, in Giuseppe, una grande passione.
Va a lezione, si informa, osserva, si impratichisce con le tecniche classiche e antiche: velature, stesure, luci, ombre, prospettiva, regole di struttura. Trova la sua tecnica preferita nell’uso dell’olio a spatola, con interventi materici e strumenti di vario tipo che sono la sua matrice principale; ossia stesure corpose e compatte, a volte sfibrate, che impongono una forte stilizzazione delle forme, secondo una visione di marca minimalista. E poi tagli da esperto, ritmo nelle ripetizioni e spazi strutturati di grande impatto visivo.
Il soggetto è sempre la natura nel suo aspetto più semplice: boschi e sottoboschi dove andare a funghi, ruscelli o laghetti buoni per la pesca, (come dice sempre), prati dove cresce cicoria da mangiare. Natura che attrae per una bellezza stupefacente sempre uguale e nuova allo stesso tempo. E Giuseppe, da bravo osservatore, sa riconoscere la poesia silenziosa di questi paesaggi e sa trasformarli in pittura.
Ma, nei suoi quadri, la qualità che colpisce al primo sguardo è la gamma cromatica personalissima che è il vero sostegno della composizione, colori vivaci, toni forti, aggressivi talvolta, oppure delicatissimi, quasi sempre posti a contrasto per esaltarsi a vicenda, istintivamente ben equilibrati e mai scontati.
Colori che gli sono rimasti negli occhi dalla sua Calabria di bambino e che oggi “vede”, in modo più o meno consapevole, negli amati paesaggi piemontesi. Una fusione delle sue due anime.
Gianna Dalla Pia Casa